GIOCO D’AZZARDO
“Il denaro che si possiede è strumento di libertà;
quello che si insegue è strumento di schiavitù”.
J.J. Rousseau
Il gioco d’azzardo è un disturbo del comportamento basato sulla dipendenza e incapacità ad evitare di giocare e scommettere somme di denaro. Esso è annoverato dal DSM-IV-TR tra i disturbi del controllo degli impulsi.
Il signor Andrea era entrato nell’affascinante e perverso tunnel del gioco d’azzardo. Si sentiva attratto compulsivamente ad investire, dapprima una piccola somma di denaro, poi pian pianino somme sempre più consistenti, a tal punto da lasciare interi stipendi nella dipendenza del gioco. Il momento fu tragico quando cominciò a sottrarre milioni su milioni dalle casse della biglietteria di un ente statale con l’intento di restituirli non appena avrebbe fatto la vincita della vita.
Purtroppo le cose andarono in maniera totalmente differente dalle sue previsioni. Non solo la vincita magica non si attuò, ma egli fu scoperto, licenziato e condannato per aver sottratto indebitamente somme, mai restituite, all’ente in cui lavorava.
Ora si trova a riconoscersi, tra milioni di persone nascoste, come un ammalato di dipendenza da gioco d’azzardo.
Il giocatore d’azzardo, pur sapendo del rischio in cui incorre, è piacevolmente attratto e compulsivamente indotto a tentare sempre il rischio. E’ un meccanismo psicologico che emerge per dare forti sensazioni alla mente di poter controllare il gioco, per uscire fuori dalla normalità. Se si vince, si è invogliati a proseguire nella speranza che sia il giorno fortunato della vita; se si perde si è spinti a ritentare, ritentare, ritentare nella vana speranza che “il vento cambierà”. Le somme investite diventano sempre più consistenti, fino ad arrivare a dei casi –limite dove ci si gioca la casa, l’azienda o la moglie, come pegno dei soldi avuti in prestito.
Il fenomeno è venuto a galla in questi ultimi anni con la presa di coscienza della società; il vizio dell’azzardo colpisce larghi strati della popolazione fino ad arrivare a otto milioni di cosiddetti giocatori patologici negli USA e mezzo milione di Italiani. Per tal motivo sono state approntate delle strategie di guarigione sia da parte di enti che associazioni. Sono sorti, a guisa degli Alcolisti Anonimi, i Giocatori Anonimi.
Essi sono dei gruppi di persone, ex dipendenti dal gioco d’azzardo, che si riuniscono settimanalmente per parlarne assieme, per aiutarsi vicendevolmente ad uscirne fuori definitivamente o per non sentirsi soli nella dura battaglia contro la dipendenza.
Personalmente ho curato tante persone addentro a tale problema e ho notato che la fatica più grande d’affrontare è quella di privarsi del “piacere del rischio, della sfida”.
Rispetto alle persone affette dalle idee ossessive-compulsive, dove permane e si manifesta una forte ansia, in questa nuova patologia il sistema percettivo-reattivo predominante è la ricerca del piacere della sfida con se stesso, del rischio nei confronti del gioco. Per la guarigione si richiede una forte motivazione e una forte spinta per superare l’iniziale fascino. Nessuno, infatti, vuole abbandonare impunemente qualsiasi comportamento che gli provoca gratificazione. Ma la costante attivazione della motivazione, la buona strategia specifica diretta al problema e il fattivo coinvolgimento emotivo del terapeuta, portano a dei risultati più che positivi.
E’ meglio, come sempre, pensarci in tempo onde non aggravare sempre più la situazione economica familiare e quella psicologica. Trascurare, infatti, questi due aspetti può portare la persona a nascondere sempre più le proprie magagne, a mentire spudoratamente alla propria famiglia e a cacciarsi in situazioni anche illegali.
Il primo passo che un dipendente da gioco d’azzardo deve fare è quello di confidarsi con un amico o con il proprio partner, onde rompere il clima di omertà e di sotterfugio e farsi aiutare ad uscire da tale forma di patologia. Prendere consapevolezza di trovarsi in una situazione di non ritorno e avere il coraggio di svelare il “proprio amante segreto patologico” accelera la guarigione ed evita danni altrimenti irreparabili. Chiunque può sbagliare, ma è da stupidi perseverare!
La tipologia di dipendenza è su base del piacere e non della paura della perdita del controllo.
Le terapie efficaci, pertanto, devono tenere in considerazione tale dinamica sottostante alla dipendenza ed evitare di andare contro la ricerca stessa del piacere, per evitare di aumentarne la resistenza. Attuando una logica non ordinaria, la terapia dovrà “prescrivere” il comportamento compulsivo per annullare il piacere della trasgressione e poi condurre il paziente a scoprire da sé di poterne fare a meno. Quando sono coinvolti i familiari, è necessario che questi collaborino con la terapia evitando di rimproverare il paziente o di spingerlo ad un maggior controllo. Non sarà lo sforzo di volontà alla resistenza che farà guarire, ma lo stratagemma “spegnere il fuoco aggiungendo legna”.
La terapia, infatti, nella prima fase sarà focalizzata sul problema di tale compulsione , nella seconda fase allargherà il campo percettivo, inducendo il paziente a cercare e trovare altre modalità di piacere che sono a portata di mano nella sua esistenza.
Da una situazione di cura, si passerà a una situazione di rilancio dentro i piaceri sani della vita.
Se giocare è piacevole, distensivo, aggregante, socializzante, giocare compulsivamente è una schiavitù e una dipendenza. Attualmente si contano più di 700 casinò virtuali e milioni di punti di ritrovi per scommesse. Internet ha facilitato e amplificato il godimento dello stesso. Il meccanismo si basa sul piacere e sulla soddisfazione della vincita; lo scommettitore sente un’irrefrenabile voglia di scommessa che si alimenta sia con la vincita, sia con la momentanea perdita. Con la prima si eccita all’idea che potrebbe risuccedere, con la seconda si lancia in un futuro più fortunato, in un nuovo tentativo di recupero della somma persa. In questo modo lo scommettitore si incatena con la sua stessa voglia o di rivincita o di recupero dei soldi persi. Le conseguenze del gioco d’azzardo non riguardano semplicemente la perdita economica, ma anche il tempo tolto alle altre attività della vita e della professione. Ci si impoverisce economicamente ed esistenzialmente! Parecchi arrivano a svendersi case, terreni e quant’altro, sol perché non hanno pensato a farsi aiutare ad uscire dalla prigione del gioco compulsivo. Risultano infruttuosi i tentativi degli stessi familiari di porre fine a tale dipendenza, perché spesso sfociano in litigi violenti e crisi coniugali.
Una terapia efficace che utilizza specifiche strategie innovative è alla portata di tutti, senza che essa diventi lunga o lenta. Anche in questo campo si può coniugare l’efficacia con l’efficienza.
Un altro “amico di merende” del gioco d’azzardo è lo shopping compulsivo on-line.
E’ caratterizzato da un impulso irresistibile, da un bisogno incontrollabile a comprare qualcosa; tale tensione crescente si allevierà solamente con l’atto del comprare. Tale modalità ci fa capire come lo shopping si basi su una struttura percettiva/reattiva ossessiva-compulsiva. I pazienti descrivono lo shopping come piacevole e divertente nella fase iniziale, mentre alla fine delle compere lascia il senso di imbarazzo, vergogna e colpa.
Il piacere iniziale dell’acquisto conduce la persona nell’incapacità di poterne fare a meno; serve solo una carta da credito e una varietà di prodotti allettanti da ordinare, e il gioco è fatto. Non è importante quello che si acquista, ma l’atto stesso dell’acquisto, il piacere-compulsivo. Quando il proprio conto corrente è stato prosciugato, o quando non si può più sostenere economicamente il quotidiano ricorso alla compulsione, allora se ne parla in famiglia e si comincia a pensare a come poterne uscire con l’aiuto di qualcuno. Dapprima gli stessi familiari si faranno promettere che mai più cascherà nel “vizietto; in seguito, si arrabbieranno nel constatare il mancato rispetto di quanto promesso. Le liti tra marito e moglie o tra gli stessi parenti diventeranno ingestibili e disarmanti. Il venirne fuori dalla dipendenza è possibile puntando non sul semplice sforzo di volontà, ma sullo stesso piacere dello shopping, rompendone la sequenza e la spontaneità.
Il lettore sappia che si può uscire da tale prigionia in tempi brevi e senza continue ricadute nella compulsione.
Alessandro era abituato da anni a navigare su internet. Fin da quando aveva quindici anni trascorreva più di otto ore al giorno al computer o in compagnia dei videogiochi. Entrò nel mio studio tutto compunto, come un cane bastonato; voleva essere aiutato a liberarsi da tale dipendenza.
La cosa più grave era che Alessandro aveva iniziato a visitare svariati siti dove si potevano comprare on line oggetti tecnologici sempre più moderni e sofisticati. Non gli bastava avere un cellulare di ultima generazione, ma ne cercava sempre uno migliore e costoso; non si accontentava di avere una videoteca da fare invidia alla RAI, ma era sempre in navigazione anche su siti stranieri per leggere e aggiornarsi sulle anticipazioni di mercato. La conseguenza di tutto ciò era che a fine mese consumava tutto lo stipendio e dopo dieci anni di lavoro dipendente sul suo conto non aveva neanche cento euro. La compagna di vita lo rassicurava dicendogli che i soldi erano suoi e che ne poteva fare l’uso che ne voleva. Tale bonario attestato di affetto, però, non soddisfaceva l’autostima di Alessandro, né riusciva a spegnere i sensi di colpa che albergavano dentro la sua mente. Comprare on line, aggiornarsi su materiale tecnologico non era una scelta; era diventata una prigione dalla quale Alessandro non ne sapeva uscire. Egli ebbe il coraggio di mettersi in gioco, di aprirsi in terapia ed evitare così di affondare nei debiti o di rovinare la sua ed altrui esistenza.
Parecchie persone, invece, si lasciano trascinare stancamente da tale dipendenza a tal punto da nascondere il problema, a rendere il clima familiare un inferno e a portare sul lastrico i propri cari.
Dr. Stefano Di Carlo psicologo-psicoterapeuta
riceve a Bolzano, Trento e Verona
www.dicarlostefano.it; cell: 3356137977